06 Apr – A “Vinitaly” i risultati della survey di Intesa Sanpaolo. Ma è sempre più fondamentale lavorare sul posizionamento di prezzo delle nostre produzion
Il 2023 del vino italiano? Con fatturati in calo, ma con una buona tenuta dei margini
Nonostante uno scenario incerto e volatile nel 2023, tra costi altalenanti, difficoltà di reperimento di manodopera e eventi climatici sempre più impattanti, per il vino italiano si aprono prospettive interessanti sia sul mercato nazionale che su quello estero. A confermarlo, a chiusura di un “Vinitaly 2023” che ha visto la presenza forte di buyer da tutta Italia e da tutto il mondo (e che dà appuntamento al 14-17 aprile 2024, ndr), una survey condotta presso le filiali Intesa Sanpaolo specializzate nell’agribusiness, secondo la quale molti, per l’anno in corso, si attendono un rallentamento generalizzato del fatturato, ma nel complesso una buona tenuta dei margini. Sul fronte interno, spiega Intesa Sanpaolo, il settore potrà beneficiare dell’ulteriore recupero della socialità post-pandemia e della forte ripresa del turismo e della ristorazione: il fatturato dei servizi di alloggio è nel 2022 cresciuto del 10% sul 2019; per i ristoranti la crescita è stata del 7%. Sui mercati internazionali, i buoni risultati del 2022 (esportazioni a 7,9 miliardi di euro, +10% a valori correnti, stabili in quantità, con gli Stati Uniti prima destinazione commerciale, con oltre 1,8 miliardi di euro, +8%, davanti alla Germania con 1,2 miliardi, +5%), potranno continuare ad essere sostenuti dall’ottimo posizionamento qualitativo del vino italiano (siamo il primo Paese in Europa per numero di certificazioni Dop/Igp con 526 certificazioni nei vini, segue la Francia con 437), dal forte legame con il territorio e da una ricchezza di biodiversità dei nostri vigneti che non ha eguali al mondo: secondo uno studio dell’Oiv-Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino il 75% della superficie vitata italiana è composta da ben 80 vitigni diversi, il doppio rispetto ai 40 del Portogallo, addirittura ai soli 15 di Francia e Spagna.
Ma le opportunità da cogliere sono ancora molte. L’Oriente, per esempio, è ancora un mercato da conquistare per il vino italiano. In Cina la nostra quota di export in valore è ancora molto bassa, soprattutto se paragonata a quella della Francia, nostro principale competitor: per i vini fermi siamo al 2% verso un dato francese che supera il 13%. Si tratta di un mercato dalle enormi potenzialità non solo in relazione all’estensione del territorio, ma anche per la forte ripresa dell’attività dopo le limitazioni particolarmente stringenti dell’ultimo triennio, in un’economia che non si è fermata, in termini di Pil, neanche nel 2020.
Bisogna inoltre lavorare sul corretto posizionamento di prezzo dell’offerta enologica italiana, spiega ancora Intesa Sanpaolo, forse ancora poco remunerata in relazione alla qualità che esprime: il prezzo medio dei nostri vini Dop è infatti sensibilmente più basso rispetto a quelli francesi, e ad esempio, per i Rossi Dop della Bourgogne il valore medio unitario dell’export è intorno ai 38 euro al litro, per i Rossi Dop del Piemonte e della Toscana siamo intorno ai 10 euro al litro, ancora più marcata la differenza tra lo Champagne (sui 28 euro al litro) e Prosecco (sui 4 euro al litro ). Le sfide nel futuro del vino saranno guidate dalla sostenibilità e dalla digitalizzazione: nuove energie potranno venire da un processo di ricambio generazionale, urgente in Italia per quasi un’impresa vitivinicola su 10. Bisognerà infine continuare su un percorso di rafforzamento dimensionale e patrimoniale: in Francia oltre l’80% delle aziende vitivinicole ha una dimensione superiore ai 10 ettari, in Italia solo il 50%.
“In occasione di “Vinitaly”, evento d’eccellenza per valorizzare agli occhi del mondo la qualità ed il successo riscossi in ambito enogastronomico dal nostro Paese, Intesa Sanpaolo – ha commentato Massimiliano Cattozzi, responsabile Direzione Agribusiness Intesa Sanpaolo, che conta oltre 80.000 clienti, circa 13 miliardi di euro di impieghi, 228 punti operativi di cui 85 filiali e 1.000 professionisti sul territorio – ha sentito la necessità di aprire una riflessione sul futuro delle aziende di questo comparto. La nostra banca attraverso la Direzione Agribusiness, il centro di eccellenza dedicato all’agricoltura che vuole porsi come interlocutore qualificato per il settore, si è attivata in modo ampio per dare consulenza e offrire professionalità in merito anche al ruolo che le nuove generazioni del vino devono assumere per rispettare le tradizioni e cogliere le opportunità della finanza d’impresa. La rivoluzione del settore agroalimentare, e in parallelo del mondo dell’enologia, si sta concentrando nel cavalcare la transizione digitale, ecologica e in maniera più ampia verso una sempre maggior sostenibilità del business. In tal senso è significativo l’apporto offerto dal Pnrr che vede molte nostre aziende clienti, più di 2.000, aggiudicarsi risorse utili ad una necessaria trasformazione per rimanere innovative e competitive anticipando i trend di settore anche a livello internazionale”.
Fonte: Winenews.it
06/04/2023