Il 2020 è un bagno di sangue: crolla l’horeca, male la fascia media, e-commerce e spedizioni salvano dal disastro gli enotecari italiani

Non hanno sofferto come bar e ristoranti, forse, ma dopo mesi in prima linea le enoteche del Belpaese devono fare i conti con un 2020 che, in termini economici, si è rivelato in molti casi un bagno di sangue. Difficile fare un discorso che valga per tutte, ma al netto della mescita, e limitando la nostra analisi alle sole vendite, sia all’horeca che al consumatore, il calo – salve le eccezioni – è di quelli importanti, e non basterà il consueto fine anno a risollevare i bilanci, come raccontano a WineNews gli enotecari delle città più importanti d’Italia, riuniti nell’Associazione delle Enoteche Italiane, Vinarius, guidata da Andrea Terraneo: l’Enoteca Longo di Legnano, l’Enoteca Iemmallo di Milano, l’Enoteca Zanobini di Firenze, l’Enoteca Cianciulli di Napoli, la Bottega Vini di Verona, l’Enoteca Trimani di Roma, l’Enoteca Bruno Dalmazio di Siena e la Casa del Barolo di Torino.
“Le enoteche classiche prima di questo secondo lockdown, erano quelle che stavano soffrendo meno, chi fa mescita invece ha avuto molti problemi, specie nelle grandi città, mentre chi fa anche distribuzione o agenzia di rappresentanza locale si è beccato tutto il tracollo della ristorazione, con cali di fatturato anche del 50-60%”, dice Andrea Terraneo (presidente dell’Associazione delle Enoteche Italiane, Vinarius), a WineNews. “Allo stesso modo, in dicembre, c’è stato un recupero su tutti e tre i fronti, con un calo evidente della regalistica aziendale. Il vino come regalo, invece, resiste, anche perché la mancanza di convivialità porta a togliersi qualche sfizio in più in casa”. A differenza degli scorsi anni, però, il periodo di Natale non porta con sé al boom degli acquisti di grandi bottiglie. “C’è, invece, un approccio molto più variegato, che rispecchia l’andamento economico del Paese. Chi ha liquidità, spende in etichette importanti il budget allocato per le cene al ristorante, ma chi ha meno entrate deve ridurre la spesa, anche dei regali. Che diventano meno costosi, e allora magari si passa dal Franciacorta al Prosecco. Continuano a tenere denominazioni come Brunello di Montalcino e Amarone della Valpolicella, capaci anche di saper comunicare ai giovani. E poi c’è anche più voglia di farsi consigliare, scoprendo nuove denominazioni. In definitiva – conclude Terraneo – chi non ha subito erosioni del proprio reddito continua a comprare grandi bottiglie, chi invece deve fare i conti con la crisi magari si butta su denominazioni o vini meno conosciuti come il Morellino di Scansano o il Nerello Mascalese, che però danno una grande soddisfazione”.
Il nostro tour delle enoteche d’Italia inizia da Legnano, che accoglie un indirizzo storico come l’Enoteca Longo, una vera e propria eccezione in una valle di lacrime, perché, come racconta Cecilia Longo, “il 2020, per quanto sembri strano, ci ha sorriso. Il cambio di location, previsto, ci ha fatto perdere i primi mesi dell’anno, ma poi anche grazie all’online i mesi successivi hanno portato un aumento delle vendite. Vendiamo in tutta Italia, perché sull’e-commerce stavamo già lavorando, ma da quando abbiamo riaperto c’è sempre, nonostante gli ingressi contingentati. Dal nostro osservatorio non registriamo nessun rallentamento, anzi, sulle bottiglie importanti, quelle sopra i 200 euro, alle quali abbiano dedicato un caveau, persino una netta crescita delle vendite. In questo periodo, come sempre, vanno forti le bollicine, specie di Champagne, Amarone, Brunello di Montalcino e Barolo – conclude Cecilia Longo – ma registriamo anche qualche trend nuovo e interessante, come l’Alto Piemonte, sempre più richiesto, la Toscana meno nota, come la Lunigiana, e l’Etna”.
Spostandoci nel centro di Milano, invece, il panorama è decisamente diverso, come spiega Alessandro Iemmallo, alla guida dell’enoteca Iemmallo. “Sul fronte della distribuzione è stato un vero crollo, abbiamo lavorato giusto a settembre e ottobre, mentre la vendita al dettaglio si è retta su e-commerce e promozioni. Abbiamo assistito, nel corso di questo 2020, ad una vera e propria erosione della fascia media, che ha polarizzato i consumi. Milano, in questi mesi, ha fatto un epocale salto indietro, a prima dell’Expo, quando ancora non era meta di milioni di turisti. Che, quando arrivano in città, hanno gusti ben precisi, si buttano su brand noti e importanti, che hanno meno presa sul consumatore nazionale. Credo che Milano sia la città che ha subito maggiormente gli effetti della pandemia e del lockdown. In enoteca la mancanza dei clienti tedeschi, ad esempio, si sente molto. E poi, con le aziende in difficoltà cambia anche la regalistica, decisamente meno importante degli anni scorsi. Tra limitazioni e fatturati in calo, poi, sino fermi anche i grandi ristoranti, un canale importante per noi. Quasi nessuno compra grandi vini se non per regalarli. Barolo e Brunello 2015 – dice Iemmallo – si vendono, ma soprattutto all’estero, dove spediamo ai nostri clienti. L’Amarone della Valpolicella, invece, ha subito un brusco rallentamento, così come le bollicine, di ogni tipo – Prosecco, Franciacorta, Trentodoc e Champagne – perché a Milano non c’è molto a cui brindare”.
Il crollo del turismo picchia duro nelle città, e se Milano paga un conto salato, Firenze ne paga uno salatissimo, ma senza mai perdere la fiducia, come dice Simone Zanobini, dalla sua enoteca al Mercato di San Lorenzo. “Gente non ce n’è in giro, inutile nascondersi, ma siamo tra chi ha deciso di restare aperto, sia per dare un segnale che per provare almeno a pareggiare le uscite, anche se in realtà non varrebbe neanche la pena, economicamente. Parliamo di una flessione enorme, prevediamo di perdere il 60-70%. Resistere è nostro dovere, come professionisti dobbiamo dimostrare di non essere ancora stati travolti. Anche per rispetto di una generazione, come quella del mio babbo, che ha superato la Seconda Guerra Mondiale e l’alluvione del 1966, dandoci tutto quello che noi, oggi, dobbiamo solo difendere. Nonostante il Natale, Champagne e grandi bottiglie fanno fatica, la gente ha minore capacità di spesa, e poi è sempre più abituata a fare la spesa al supermercato. Per me – continua Simone Zanobini – mantenere i rapporti con i clienti è una soddisfazione che va al di là dell’incasso, e poi si può bere bene anche spendendo poco, penso al Chianti Classico, al Rosso di Montepulciano. Non serve spendere tanto, e questo lo spiego anche ai miei clienti, anche perché il servizio che offriamo, a maggior ragione in questo contesto, è tutto. Nei 10 euro di una bottiglia ci sono le informazioni, il racconto, l’abbinamento, il lato umano dell’enotecaro”.
Ad Ottaviano, alle pendici del Vesuvio, l’Enoteca Cianciulli è il punto di riferimento di tutti gli appassionati di grandi bottiglie di Napoli e provincia. Anche qui, “il fatturato è in calo, ma il target nella vendita diretta è cresciuto”, dice Adolfo Cianciulli. “Per le bottiglie importanti, non abbiamo nessun problema, al contrario: di etichette come Tignanello, Sassicaia, Masseto, Ornellaia, Solaia, più ne abbiamo in negozio e più ne vendiamo. Da noi è sempre così, a maggior ragione a Natale. Ad andare sono ancora i grandi rossi italiani, ossia Brunello di Montalcino, Barolo e Amarone della Valpolicella, oltre ovviamente alle grandi bottiglia che citavo prima. A spingere il fatturato al -25%, invece, è la distribuzione, perché noi riforniamo anche bar e ristoranti, e su questo fronte le cose ovviamente non sono andate bene”.
A Verona, il tempio degli amanti del vino, ma anche della buona tavola, è Bottega Vini, una delle cantine più ricche d’Italia, per varietà, con bottiglie da ogni parte del mondo, e profondità, tra vecchie annate e vere e proprie chicche. “Al netto delle limitazioni – racconta Luca Nicolis, che, della Bottega Vini, è l’anima e la guida – stiamo lavorando bene, ma è stato un anno unico, particolare, congelato, che è servito più per riflettere che per altro. Specie sugli sprechi quotidiani e su tutto ciò che abbiamo troppo spesso dato per scontato, in una bolla fatta di abitudini, a volte sbagliate. Non parliamo di fatturati che è meglio, ma in Bottega non ho perso nessun lavoratore, e questo per me era l’obiettivo principale”. Meta serale e notturna di produttori e trend setter del vino nei giorni del Vinitaly, lo storico locale del centro di Verona è anche bottiglieria, e nei giorni che precedono il Natale, “qualcosa si muove, soprattutto sulla fascia medio-alta. Una cosa è certa – riprende Nicolis – chi aveva potere d’acquisto lo ha mantenuti, chi ha subito maggiormente sono le fasce più basse. In sostanza, sono sparite le vendite di bottiglie sotto gli 80 euro, ma funzionano i vini delle feste. Brunello di Montalcino, Barolo, Amarone della Valpoolicella, Bordeaux, Champagne su tutti, mentre la Borgogna vive il suo apice in estate. Siamo rimasti orfani di Vinitaly – conclude Luca Nicolis – e per noi è come essere usciti agli ottavi di finale in Champions League, ma essendo abituati a giocare la finale. Ecco cosa sono quei cinque giorni per noi, i più belli e attesi dell’anno”.
Andiamo quindi nella Capitale, Roma, dove enoteca fa rima con Trimani, storico indirizzo del centro. “Questo 2020 è stato un anno bislacco, che ci ha trovato impreparati, ma del resto, non ci avrebbe creduto nessuno a inizio anno”, racconta Carla Trimani. “Però, ci siamo adattati in fretta, consolidando l’e-commerce e i social, migrando così una parte importante delle vendite sulle spedizioni, specie durante il primo lockdown e fin dopo Pasqua. Anche la riapertura è andata bene, il calo delle vendite non è stato drammatico come ci si potrebbe legittimamente aspettare. A risentirne maggiormente, ovviamente, è stata l’horeca, e anche noi, quindi, sotto quel punto di vista. Avevamo una ricca agenda di appuntamenti ed eventi, nostri o organizzati dai nostri clienti, quasi tutti saltati, anche perché con la chiusura alle 18 diventa impossibile fare anche un aperitivo normalmente. Manca molto sul fronte della distribuzione, ma non ci possiamo lamentare, siamo a Roma centro, con una clientela importante e storica. Nel lockdown abbiamo fatto qualche degustazione online coinvolgendo i vignaioli, ma è limitante, anche perché chi lavora dieci ore davanti al computer, non può divertirsi stando ancora davanti ad uno schermo”, dice Carla Trimani, sottolineando un aspetto tutt’altro che banale. La crisi, però, in questi giorni che ci portano al Natale, si sente e si vede soprattutto “nei regali aziendali, ne sono stati fatti meno del solito ai clienti, così come sono saltati pranzi e cene di Natale con i dipendenti. Poi ci sono quelli che, risparmiando qualcosa grazie allo smart working, qualche bottiglia in più la comprano, e non sono pochi. L’incertezza, però, regna sovrana, e l’andamento degli acquisti si riflette in un atteggiamento ondivago, anche perché Roma, come ad agosto, si sta svuotando giorno dopo giorno. Comunque sia, al top delle vendite, in questo periodo, ci sono il meglio di Toscana e Piemonte, dal Brunello di Montalcino al Chianti Classico, da Bolgheri, dal Barolo al Barbaresco, ma anche Alto Piemonte. E ancora, Etna, Taurasi e Amarone, oltre ovviamente alle bollicine, dallo Champagne, specie i piccoli produttori, al Franciacorta, dal Trentodoc al Conegliano Valdobbiadene”, conclude Carla Trimani.
A proposito di grandi vini toscani, tra Siena e Montalcino, ossia tra Brunello e Chianti Classico, lavorano le enoteche di Bruno Dalmazio che, però, con le vendite di territorio hanno ben poco a che fare. “Specie a Montalcino, dove lavoriamo come un’enoteca di città, non viviamo di turismo, ma di clientela locale, il nostro lavoro principale è la distribuzione. Del resto – spiega Bruno Dalmazio – qui ci sono 260 aziende, e sono loro i nostri principali clienti, e cercano bottiglie diverse da ogni parte d’Italia e di Francia. Non ci siamo praticamente mai fermati, lavorando tanto ma con scontrini medi più bassi del solito. È un lavoro diverso, persino superiore, come volume, ad un anno fa, anche perché con bar e ristoranti chiusi si tende a bere a casa ciò che in tempi normali si sarebbe bevuto fuori. Mancheranno, in vista del Natale, gli acquisti dell’ultimo minuto, mentre la regalistica aziendale, per quanto ci riguarda, non è più un fattore importante da anni. Sin qui, comunque, è stato un bagno di sangue, dopo il panico iniziale agosto e settembre sono andati molto bene, ma la clientela italiana dell’estate fa acquisti diversi dal nostro target abituale: l’abbassamento del livello medio delle bottiglie acquistate è stato davvero sensibile. Per mesi nomi come Masseto, Ornellaia, Brunello di Montalcino di griffe come Salvioni, non si sono sentiti nominare”. La crisi evidentemente si fa sentire, ma “non è solo una questione di soldi, anche la mancanza di cultura e conoscenza enoica hanno il loro peso”, dice Dalmazio. “Alla fine è un’annata da dimenticare, ma sotto l’albero qualche grande bottiglia ci sarà, anche se più che il Brunello di Montalcino, almeno da noi, sono andati spirits come Whisky e Cognac e gli Champagne”.
Infine, il giro d’Italia delle enoteche di WineNews, tocca Torino, alla storica Casa del Barolo, dove “tra vendita diretta e ristorazione abbiamo perso il 70% del fatturato. A Natale, però, si è tornati a lavorare bene, nonostante molta regalistica si sia persa. Gli spostamenti limitati hanno accelerato le spedizioni, mentre il prezzo medio a bottiglia segna una certa disparità, tra chi può spendere molto e chi invece è costretto a rivedere al ribasso il proprio impegno. Da noi, stiamo vendendo tanti grandi rossi di Langa, quindi Barolo e Barbaresco, ma anche molto Pinot Nero, che va fortissimo, dal Sudtirol, dalla Francia e da Israele. Bene anche lo Champagne, se ne sta davvero vendendo molto, mentre tra le bollicine, che nel complesso resistono, cala la Franciacorta”.

Da Winenews.it

Altre news dal mondo del vino