Quanto costa una visita in cantina? 21,70 euro per un’esperienza base, 51,19 per una più completa
mer 4 dic – “Cantine d’Italia” 2025, la “Bibbia” dell’enoturista –
Quanto costa una visita in cantina in Italia? 21,70 euro, in media, per un’esperienza base (era 20,17 un anno fa, con un aumento dell’8% sul dato generale), e 51,19 euro per un’esperienza più completa (era 49,79 un anno fa). Ma ad offrire esperienze ancora più “top” sono ben 40 cantine, su un campione di 550 cantine, ad un costo pari o superiore a 100 euro (erano 34 un anno fa). Tutte le cantine indicano un costo per un’esperienza base, ad eccezione di una ridotta percentuale per cui la visita è gratuita (4,5%, un anno fa era del 4%). E, a proposito di prezzi più accessibili, solo il 12,5% prevede un costo di ingresso di 10 euro o inferiore (in calo sul 15% del 2023). Una curiosità? Anche se di poco, il costo-medio è più alto al Sud (21,23 euro) che al Nord (21,09), mentre al Centro è di 23,35 euro (ma è influenzato dalla Toscana). Ma se si considera almeno 30 euro come un costo elevato (o comunque non basso) per una visita in cantina, ben 131 applicano tale cifra (24%). Nel dettaglio per Regioni, come detto, si va dai 26,70 euro che, in media, si spendono in Toscana, a 26,06 in Sicilia, da 22,18 in Piemonte, a 21,03 in Sicilia. Il dato comparativo pone la Toscana come la Regione “più cara” con costi medi per un’esperienza più completa che raggiungono anche 61,74 euro, molto al di sopra della media nazionale, mentre il Piemonte si assesta su 49,92 euro. Ad aggiornare il “listino prezzi” è “Quanto mi costi …? La visita in cantina costi e statistiche”, l’indagine realizzata da Go Wine in occasione della nuova edizione della “Cantine d’Italia” 2025, la “Bibbia” dell’enoturista, svelata oggi all’Hotel Melià a Milano, e dedicata alle aziende che offrono la migliore accoglienza (874 quelle recensite).
E delle quali sono 268 le cantine che hanno ottenuto il riconoscimento de l’“Impronta” d’eccellenza per l’enoturismo (grazie a tre fattori: sito, cioè il luogo dove si trova la cantina, accoglienza, ovvero la vocazione della cantina ad “aprirsi” all’esterno al pubblico, e vino, che indica il profilo produttivo dell’azienda valutato nel tempo attraverso i suoi vini). E, tra queste, sono 24 le cantine che raggiungono il vertice delle “Tre Impronte Go Wine”, la speciale graduatoria nella quale entrano Cà Rugate e Masi (al suo ingresso in guida), in Veneto, e La Raia, in Piemonte, aggiungendosi piemontesi Ceretto, Fontanafredda, Castello di Gabiano e Malvirà; a Bellavista, Ca’ del Bosco e Mamete Prevostini con Convento San Lorenzo, in Lombardia; a Ferrari, in Trentino; da Badia a Coltibuono a Capezzana, da Castello di Fonterutoli-Marchesi Mazzei a Castello Vicchiomaggio, e San Felice (Gruppo Allianza) in Toscana; a Lungarotti, in Umbria; a Masciarelli, in Abruzzo; a Feudi di San Gregorio e Mastroberardino, in Campania; a Roberto Ceraudo, in Calabria; ed a Donnafugata, Planeta e Florio, in Sicilia. Sono 5, invece, le cantine che, già presenti in guida che ottengono per la prima volta il riconoscimento dell’“Impronta”, da La Vrille (Valle d’Aosta) ad Anna Maria Abbona (Piemonte), da Butussi (Friuli Venezia Giulia) a Valle dell’Acate (Sicilia) e Quartomoro (Sardegna). E, ancora, sono 8 le realtà che, al loro ingresso in guida, ottengono il riconoscimento, da Fratelli Alessandria Fratelli e Tenuta La Marchesa (Piemonte) a I Vini di Emilio Bulfon (Friuli Venezia Giulia), da Umberto Cesari (Emilia Romagna) a Brancaia (Toscana), da Pasetti Vini (Abruzzo) a Graci e Palmento Costanzo (Sicilia).
E con Go Wine che consegnerà anche i 10 Premi Speciali della guida, con la novità del Premio “La cantina realizzando un sogno”, a chi ha realizzato iniziative importanti nella sua vita e, poi, ha pensato di dedicare attenzione al settore del vino, e che va a Gavino Sanna, il pubblicitario italiano più famoso e premiato, fondatore di cantina Mesa, a Sant’Anna Arresi in Sardegna, la sua terra (oggi del Gruppo Santa Margherita): dal Premio “Alto Confort” per l’ospitalità aziendale dell’anno alla Tenuta Montemagno Relais & Wines, a Montemagno in Piemonte, al Premio “Cantine Golose” per la Tavola aziendale dell’anno all’Agriturismo di La Source, a Saint-Pierre in Valle d’Aosta; dal Premio “Cantine Meravigliose” per l’EnoArchitettura dell’anno ad Antonelli – San Marco, a Montefalco in Umbria, al Premio “Enocultura” al Museo del Contadino della D’ambra Vini d’Ischia, a Forio d’Ischia in Campania; dal Premio “Autoctono si nasce” all’Aglianico del Vùlture Caselle di D’Angelo, a Rionero in Vùlture in Basilicata, al Premio “Buono … non lo conoscevo!” al Tre Venezie Igp Piculìt-Neri di I Vini di Emilio Bulfon, a Valeriano in Friuli Venezia Giulia; dal Premio “Vini Storici d’Italia” al San Leonardo della Tenuta San Leonardo, ad Avio in Trentino, al Premio “Gioacchino La Franca”, il riconoscimento della “community Go Wine” per l’esperienza in cantina dell’anno, a Moris Farms, a Massa Marittima in Toscana.
Tornando all’indagine, realizzata su un campione di oltre 540 cantine, indicativo, perché riguarda aziende di tutte le regioni italiane e con differente profilo, ovvero sia cantine di maggiori dimensioni e più strutturate anche per l’organizzazione del personale, sia molte cantine di impronta familiare, dove il viticoltore spesso recita più ruoli, compreso quello dell’accoglienza e del personale racconto agli enoturisti, alle aziende sono stati chiesti il costo dell’esperienza base (il costo minimo per “entrare in una cantina” e poter fare un’esperienza minima, magari assaggiando 2-3 vini), e il costo di un’esperienza più completa, che la cantina propone inserendo elementi di particolare suggestione e/o qualità. Go Wine prende in considerazione questi numeri e dati per analizzare scelte e orientamenti delle cantine da Nord a Sud d’Italia, un tema sempre più di attualità per chi fa enoturismo: il costo della visita in azienda, importante perché tutte le cantine, salvo poche eccezioni, indicano oggi i prezzi per le esperienze da svolgere nel corso di una visita, dando per acquisito il dato che si accede in cantina pagando un servizio e non più seguendo forme spontanee basate sull’improvvisazione o sulla gratuità. Vi è stata, infatti, una lunga fase, per certi aspetti anche pioneristica, in cui, a partire dalla metà degli anni Novanta, si è progressivamente affermato il concetto di enoturismo, in cui la pratica della visita in cantina, in quel periodo, era legata a comportamenti occasionali, basati sullo spontaneismo, con le cantine poco organizzate in merito e con gli eno-appassionati che poco per volta crescevano in numero e qualità di comportamento. Cercando la cantina non solo come occasione di approvvigionamento di vino, ma come luogo a cui guardare per un incontro con il viticoltore, per ricevere elementi di conoscenza, per comprendere meglio dove nasceva quel vino che si era degustato magari in città, al di fuori del contesto ambientale e sociale in cui la singola cantina opera. Tra tante voci, anche Go Wine, oltre 20 anni fa, nella prima fase della sua attività, evidenziava la necessità che questo fenomeno venisse poco per volta reso sempre più professionale e strutturato: in questo contesto il pagamento di un servizio era una condizione in qualche modo necessaria. Ovvero visitare la cantina, come si visita (pagando) un Museo o un edificio storico in un territorio del vino, sapendo prima orari e condizioni e in modo da poter compiere un’esperienza turistica organizzata. Oggi, i dati dell’indagine delineano una situazione complessa che merita più elementi di riflessione. Il prezzo della visita in cantina ha superato quella che era una sorta di “soglia di ingresso”, ovvero un modo per rendere ordinati gli accessi in cantina, inserendo il costo come riconoscimento alla disponibilità del produttore all’accoglienza e come forma di selezione per persone interessate. Il prezzo della visita sta ora, infatti, diventando una sorta di “secondo costo” – sempre in crescita tra l’altro – che si affianca all’aumento abbastanza generalizzato del costo delle singole bottiglie di vino. I dati della nuova indagine vanno in questa direzione e si prestano a qualche comparazione con i dati raccolti appena un anno fa.
I due costi vengono riportati nella guida “Cantine d’Italia” 2025 utilizzando due distinti simboli: un calice per il costo dell’esperienza base, e un “doppio calice” per quello dell’esperienza più completa, una simbologia che richiama quello che spesso avviene nella ristorazione di qualità, quando si indica il prezzo di un menu base oppure di un menu più curato o di particolare profilo. Nel comunicare i dati, sottolinea Go Wine, “precisiamo che si presta a maggiori approfondimenti il costo per l’esperienza base; è il dato di maggiore tendenza e più indicativo per comprendere i comportamenti delle cantine. Il costo per l’esperienza più completa contiene, infatti, maggiori variabili: è interpretato da alcune cantine come una sorta di approfondimento dell’esperienza base, per altre è una sorta di evento in cantina che può raggiungere cifre anche a superiori al costo, per fare un esempio, di una cena in un ristorante di qualità”.
“Comunicazione e accessibilità sono due fattori strategici in questa materia – afferma Massimo Corrado, presidente Go Wine e curatore della guida – comunicare da parte della cantina il costo della visita e indicare quale esperienza si pratica non può che contribuire a rendere sempre più professionale la visita e creare un legame tra il viticoltore e l’enoturista che, così, è in grado di informarsi allo stesso modo con cui legge dei vini della cantina e si informa sul loro profilo, o sulla vinificazione. Tuttavia, vi è da chiedersi se sia opportuno che tale prezzo sia soggetto a continui rialzi che possono in futuro scontrarsi con il potere d’acquisto di molte persone”. Non va tralasciato un particolare: “se pagare un prezzo significa riconoscere un servizio e una disponibilità, è altrettanto vero che la visita in cantina ha una peculiarità da non dimenticare: essa prevede un “secondo momento” che non si riscontra, per esempio, nella visita ad un Museo o ad un edificio storico, e che è l’acquisto di bottiglie di vino in cantina. Una pratica valorizzata dalle stesse cantine, nei primi anni di sviluppo dell’enoturismo, per richiamare le potenzialità del fenomeno. Ma se è strategico per una cantina favorire presenze di persone che acquistano vino direttamente, favorendo incassi immediati ed eliminando oneri di intermediazione, allora occorrono maggiori attenzioni nell’indicare il prezzo della visita in cantina, evitando possibili eccessi. Sono eccessi, e questo è un dato che Go Wine ha più volte rilevato nel 2024, che impattano su una tendenza ad un “doppio” aumento: costo di visita in cantina e costo di bottiglie. Una sorta di corsa verso l’alto che potrebbe generare scompensi in futuro.
La seconda riflessione riguarda una positiva evoluzione del fenomeno che nasce dal comportamento di molte cantine: le analisi maturate dalla redazione della guida “Cantine d’Italia” 2025 attestano che le aziende stanno gestendo con sempre maggiore consapevolezza il tema delle esperienze in cantina. Il riscontro si rileva nei siti internet dove, a fianco di alcune voci ricorrenti di presentazione (“chi siamo, territorio, i vini, dicono di noi, gallery”) compare sempre di più la voce “esperienze”. Si ottiene, così, una sorta di doppia carta che qualifica l’offerta: la carta dei vini che contiene il quadro della produzione della cantina e la “carta delle esperienze” ovvero la proposta di che cosa si può in cantina e a quale costo. “Una comunicazione di impatto – conclude Go Wine dall’indagine – destinata a generare economia e sviluppo, se si sapranno gestire i numeri (alias gli euro) con misura e saggezza”.
Fonte: www.winews.it